Madre Agnese Steiner

Madre Agnese Steiner

Madre Agnese soleva indossare tonache rappezzate che le erano molto care per l’amore che portava alla santa povertà. Aveva una pietà particolare per le anime del Purgatorio, con le quali fu più volte in misteriosa comunicazione. Morì il 24 agosto 1862, quando aveva 49 anni. La salma della Steiner rimase esposta nella Chiesa del monastero per quattro giorni. Da Nocera e dintorni moltissimi accorsero a rendere omaggio alle sue spoglie mortali. Il 28 agosto 1862, dopo un funerale straordinario per concorso di popolo commosso e ammirato, la salma della Madre Agnese fu sepolta in un loculo scavato in fondo alla chiesa del monastero di San Giovanni.

LA VITA

Teresa Steiner nacque il 29 agosto 1813 a Tesido.

La fanciullezza della piccola Teresa era immersa già profondamente nella croce,  a causa della morte del padre al quale era molto affezionata che portò gravi disagi economici a tutta la famiglia, per cui, benché in tenera età e di costituzione gracile, Teresa dovette darsi da fare per essere utile alla famiglia col proprio lavoro. Ma più grandi di queste sofferenze fisiche furono quelle morali. Di esse Teresa manterrà sempre un ricordo indelebile: «Io sono stata nei primi anni così piccola, gracile e debole per natura che le mie sorelle, le serve e tutti non mi potevano vedere in casa».

 

Cercava spesso la solitudine e la preghiera. Appena era libera dagli impegni della scuola e della casa, correva in chiesa distante una mezz’ora di cammino dal suo maso.

Teresa sentì la vocazione di farsi monaca fin da bambina, ma tanto la madre Maria quanto gli altri parenti, volevano che pensasse al matrimonio e non a farsi monaca.

La pena interiore per Teresa era grandissima, tanto più che non poteva avere alcun dubbio sulla sua vocazione. Ebbe un segno straordinario di conferma: «Leggendo un libro presso una finestra - narra nei suoi Appunti Autobiografici - mi sentii chiamare da un fanciullo, il quale mi disse: "Tu devi abbandonare tutti e andare lontano a farti monaca". Con la mano mi mostrava la città dove dovevo monacarmi, che dopo conobbi essere stata quella di Assisi. Mi ripugnò questa cosa sommamente, ma poi riflettei e dissi tra me: "Ebbene, o Signore lo faro"».

La Madonna fu generosa di grazie verso Teresa che si rivolgeva a Lei con la fiducia di una figlia affettuosissima. Ad un periodo di indicibili pene interiori - oscurità, aridità, tentazioni di ogni genere - verso i diciotto anni seguì un breve periodo di comunicazioni e altri conforti celesti molto superiori a tutti gli altri provati prima.

Le fonti storiche sulla vita della giovane Teresa sono unanimi nel ricordare la sua premura per i poveri, i malati e moribondi. La compassione verso i poveri era concreta. Per loro si privava volentieri di qualcosa del suo pranzo; e i pochi spiccioli di denaro che talvolta riceveva per sé passavano facilmente nelle tasche di qualche mendicante di passaggio.

Casa natale della Ven. Steiner

 

Nonostante la contrarietà della Madre e dei parenti si recò a Bressanone e bussò alla porta del vecchio monastero delle Clarisse per essere ammessa. Ma Teresa non aveva la dote sufficiente e sapeva fare tanto poco. Così venne respinta dalle Clarisse di Bressanone. A questo punto avrebbe dovuto ritornare a Tesido a vivere tra il feroce pettegolezzo dei suoi paesani. Non se la sentì e decise di rimanere a Bressanone. Fu alloggiata da una pia donna. Lì incontrò il canonico Giorgio Habtmann, Rettore del Seminario. Habtmann fu per la Steiner un direttore spirituale che la sostenne molto in questo turbolento periodo della sua vita. Habtmann consigliò alla giovane di entrare nel monastero delle Benedettine di Sabiona, distante pochi chilometri da Bressanone. Non era l’ideale per Teresa, ma seguì obbediente il consiglio del confessore. Era l’autunno del 1835.

Le monache rimasero ammirate per le virtù della nuova postulante e nutrivano rosee speranze nel suo avvenire. Ma altro era il piano di Dio.

Qualche tempo più tardi Teresa cadde gravemente malata. «Restai come morta - scriverà più tardi la Madre Steiner - anzi, per diverse ore mi tenevano per morta. Quando vidi, per così dire, separarsi l’anima dal corpo, dissi: "Signore, datemi altro tempo di vita". In questo stato ebbi una visione del monastero di Assisi, che io non conoscevo, e decisi che, se fossi guarita, vi sarei andata certamente. Lo dissi al confessore che mi assisteva, ma egli mi rispose che mi levassi assolutamente dalla testa quella cosa, la quale era stata una illusione». Riuscì a superare la fase più critica della malattia, pur non riuscendo a rimettersi del tutto. Dopo solo tre mesi di permanenza le Benedettine di Sabiona, convinte che Teresa fosse tubercolosa, furono costrette a rimandarla dalla mamma a Tesido.

A questo tempo soprattutto si riferisce quanto scrisse più tardi la Madre Agnese: «Nello spazio di quattro anni io non so dire quante malattie mortali ho avute, avendo perduta affatto la salute. Alle volte sono venuti tre o quattro medici a visitarmi, ma nessuno capiva il mio male, e consumai in medici e medicine molto denaro. I patimenti che soffrii in questi tempi mai li potrei descrivere. Mi sforzavo di credere ai confessori che mi consigliavano di deporre ogni pensiero di entrare in un monastero, ma nel mio interno sentivo tutto il contrario e morivo dal desiderio di farmi monaca».

Da Tesido, di tanto in tanto, Teresa continuava a recarsi a Bressanone, se non altro per incontrarsi col suo direttore spirituale, il canonico Habtmann. E a Bressanone, nella chiesa delle Clarisse, nel giugno 1838, sentì chiarissima la voce di Dio, che la sollecitava a realizzare subito la sua vocazione religiosa. Racconta negli Appunti Autobiografici: «Dopo la Santa Comunione mi disse il Signore: "Ora è volontà mia che ti alzi e ti faccia monaca in Assisi. Lo voglio e tu non puoi, ma io farò tutto: farò per te anche miracoli"». I miracoli vennero davvero.

Innanzitutto quello dell’immediata accettazione da parte delle Terziarie Francescane Tedesche di Assisi, appena otto giorni dopo che Teresa aveva fatto loro domanda.

Ma ci fu anche un altro miracolo: Teresa era poverissima e non aveva danaro né per pagare il viaggio per Assisi né per la dote. Ebbe ottanta scudi d’oro da un buon vecchio incontrato in una chiesa e al quale si sentì sollecitata interiormente a rivolgersi chiedendogli un qualche aiuto per realizzare la sua vocazione religiosa. A completare la somma per la dote pensò poi lo stesso suo confessore Habtmann.

Teresa fin dal primo periodo di permanenza nel monastero di Assisi venne pesantemente vessata dal diavolo. «Nel giorno della mia vestizione - racconta essa stessa nei suoi Appunti - prima d’indossare il santo abito, mi visitò il Signore e mi disse: "Io non verrò più per ora a visitarti; ti do il dono di sposa". E scomparve». I paradossi di Dio: Suor Agnese andava a Lui e Lui si ritraeva da lei. «Fui abbandonata ai demoni in modo che molti libri non basterebbero a dirlo. Ogni giorno mi pareva un inferno scatenato contro di me per le fortissime tentazioni di disperazione, contro la fede, la purezza e ogni altra virtù, con angustie e afflizioni inesprimibili. Ogni notte ero visitata dai demoni in modi e forme visibili ed orribili ed ero da essi tanto molestata che dovevo fuggire dalla cella e girare per il monastero».

E del resto la rabbia diabolica contro Teresa, aveva una facile spiegazione. L’aurora di quella nuova vita religiosa fervorosissima annunziava grandi conquiste per il Regno di Dio. Bruciava dal desiderio delle anime: «Il suo zelo per la salute delle anime era inarrivabile; per impedire un solo peccato avrebbe sofferto tutte le pene dell’inferno, e per salvare un’anima sola avrebbe volentieri dato tutto il suo sangue». Aveva una pietà particolare per le anime del Purgatorio, con le quali fu più volte in misteriosa comunicazione.

Gesù una notte le disse: «Ti condurrò a vedere il Purgatorio e come penano in esso le anime dei trapassati. Tu poi prenderai cinque di quelle anime e saranno quelle che piacciono a Maria, mia e tua madre, di liberare, e ciò conoscerai con chiarezza: - parlane, però, al confessore e riportane il consenso col merito della santa ubbidienza».

Secondo la testimonianza di P. Norberto, questa liberazione di anime dal Purgatorio avvenne più volte. Le fonti storiche riferiscono anche dell’apparizione a Suor Agnese dell’anima della sua madre defunta. Maria Sinner era morta il 6 gennaio 1841, improvvisamente, ma dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti. Quel giorno stesso apparve alla figlia Suor Agnese in tempo di ritiro.

«Io la vidi morta - racconta negli Appunti - senza sapere che era morta... Oh che pianto! Oh quanto pregai per essa! La vidi che pativa anche per me e spesso veniva a visitarmi. Dopo tre mesi ebbi notizia della sua morte. Spesso nelle feste della Madonna mi si faceva vedere afflitta e in pene».

Un giorno, benché gravemente malata, Suor Agnese si recò di notte in chiesa per lucrare l’indulgenza del Perdono d’Assisi per l’anima di sua madre. «Ivi seguitando nell’orazione - racconta P. Francesco - le comparve di nuovo l’anima di sua madre e le disse: "Figlia mia, ti ringrazio, vado ora in Paradiso a preparare il posto anche per te"».

Tutte le monache - anche quelle che per anni avevano dubitato di lei - alla fine si piegarono all’evidenza di ogni giorno: la profondità della vita religiosa di Suor Agnese, che irradiava ovunque un irresistibile fascino soprannaturale.

Dio scelse Suor Agnese per una importante Riforma delle anime religiose francescane. Fortificata, dalla certezza della volontà divina, scrisse le Costituzioni. Racconta essa stessa nella memoria inviata alla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari nel 1847: «In pochi giorni e notti potei scrivere i dodici capitoli della prima regola di S. Chiara, perché molti furono i lumi chiarissimi ch’ebbi e molte e chiare le locuzioni interne che ricevei su tale rapporto».

Su richiesta del vescovo di Nocera, il vescovo di Assisi, Mons. Landi, la incaricò di assumere le funzioni di abbadessa nel monastero di S. Giovanni a Nocera. Ma nei giorni prima della sua partenza il diavolo non avrebbe dato pace a Suor Agnese. «Nel tempo che passò prima della partenza pareva che si fosse radunato mezzo inferno», testimonia P. Norberto. «Nella cella, nel coro e ovunque portavasi la povera monaca, chi la tacciava di superba, chi la batteva e calpestava ore continue, chi la minacciava di morte, chi procurava di buttala giù per le scale del monastero, chi con urli spaventosi cercava d’intimorirla e chi gridava ad alta voce che non sarebbe partita per Nocera perché essi le avrebbero data la morte prima o che almeno l’avrebbero precipitata insieme col suo confessore giù per le balze della strada nocerina». Su Suor Agnese questa rabbia diabolica non aveva alcuna presa: ci trovava, anzi, un’ottima conferma che Dio la voleva a Nocera.

Chiesa del monastero di S. Giovanni. Quì è sepolta la Venerabile

 

L’11 giugno 1846 il Card. Giovanni Mastai (futuro Papa Pio IX) celebrò la Santa Messa nella piccola chiesa del monastero di S. Giovanni e parlò brevemente alle monache esortandole a pregare per il nuovo papa. Al diacono Amoni, che dopo la Santa Messa andò a scambiare due parole con la Madre Agnese, questa rivelò che a nuovo pontefice sarebbe stato eletto proprio il Card. Mastai. «È impossibile - rispose l’Amoni - perché, tra l’altro, è troppo giovane: ha soltanto 54 anni». La Madre Agnese non esitò a confermare la profezia. Ad elezione avvenuta in tanti ebbero una prova di più che lo spirito di Dio illuminava in modo non ordinario la monaca tedesca.

Ma intanto i disaccordi fra il Vescovo di Nocera, Mons Piervissani, e la Steiner sull’applicazione della Regola nel monastero di S. Giovanni, si facevano sempre più inconciliabili. La Madre Agnese era scoraggiata, perché la Regola così come le era stata data dal Signore non veniva accettata dal vescovo. Decise allora di ottenere dal papa il permesso di recarsi a Roma a perorare la sua causa.

Il vescovo Mons. Stella riuscì ad ottenere per la Madre Agnese da Pio IX due lunghe udienze private. A Roma i Cardinali definirono la grossa questione tra lei e Mons. Piervissani accogliendo tutte le proposte della Madre. Il voto fu unanime. Un vero miracolo per chi sapeva quanto fossero prevenuti all’inizio contro la Madre Agnese.

Mons. Piervissani non rimase mai persuaso della bontà delle decisioni della Santa Sede, e tentò ogni via perché fossero revocate. Mediante i suoi amici romani, cercò di contestare in qualche modo i decreti di Roma. Non ottenne alcun risultato. Si recò lui stesso a Roma, ma la Santa Sede contro ogni ragionevole previsione, era irremovibile. Al suo rientro da Roma il Vescovo si ammalò. Mons. Piervissani morì il 5 gennaio del 1848. Madre Agnese considerò sempre Mons. Piervissani «Padre e Fondatore» del suo monastero. Le aspre divergenze con lui erano state «una tribolazione permessa da Dio per i suoi fini» e non attenuarono mai in lei la venerazione per lui che «essa stimava un Santo».

Con rescritto pontificio del 21 gennaio 1848, Madre Agnese venne eletta abbadessa. Ma se l’elezione ad abbadessa chiudeva una fase difficile per la lunga controversia con Mons. Piervissani, non segnava affatto la fine delle sue sofferenze morali e fisiche.

L’intera vita della Madre Agnese doveva essere, come quella del suo Sposo Crocifisso, croce e martirio. Per sette mesi la straziò un terribile mal di denti, e nei mesi di marzo e aprile fu gravemente malata.

La Madre Steiner era tenuta in grande stima anche da Papa Leone XIII: pare che Leone XIII paragonasse la suora tirolese a Santa Caterina da Siena.

L’8 dicembre 1854, Pio IX definì solennemente il dogma dell’Immacolata Concezione della Madonna. Al processo canonico P. Francesco disse che su questo dogma la Madre Steiner «fu consultata in nome del Santo Padre dal defunto Priore Amoni».

«Mi rammento - narra Suor Giacinta Massoli - che la Madre passò la notte precedente in orazione e contemplazione come era solita fare nelle vigilie di tutte le festività della Madonna. La mattina poi nell’osservarla si capiva nel suo viso un non so che di straordinario tanto che le domandai: "Madre, cosa le ha detto questa notte la Madonna?". Mi rispose: "Ah quante cose ho penetrate e capite. La lingua umana non le sa esprimere. Poi ho veduto la Madonna che si è recata in Purgatorio e ha condotto con sé in Paradiso tante anime"».

Questa intima e intensa vita mariana della Steiner spiega perché quasi sempre le grandi luci - specialmente sulla Riforma della Chiesa - siano arrivate a illuminare la sua anima proprio attraverso la Vergine. Un episodio fra tanti può far comprendere l’importanza della mediazione materna di Maria nelle comunicazioni interiori tra Dio e la Steiner. Scrive la Madre Agnese: «Mi disse Gesù: "Possiedi il mio cuore, e non ti negherò grazia". Guardandolo lo vidi con una croce pesantissima ed enormemente lunga, e gli dissi: "Questa non è la croce che avete portato". Mi rispose: "Questa croce me l’ha fabbricata il mondo". Io, pregando misericordia per le anime, accettai ogni tribolazione, accettai anche di morire».

E continua a raccontare: «Allora mi volsi alla Madonna, chiedendo misericordia e perdono per i miei gravissimi peccati e per i peccati del mondo. Mi disse: "Figlia, il Signore vuole da te sacrifici". Io accettai tutto quello che vorrà l’obbedienza. La pregai di mandare il suo capitano S. Michele arcangelo, come mi aveva mostrato un’altra volta in Roma nel 1847, sopra S. Pietro e il Vaticano a difendere la Santa Chiesa. Inoltre chiesi misericordia per la mia povera comunità, ricordandole che Lei mi diede l’ordine di riformarla per riparare i peccati del mondo. Mi rispose: "Benché questo monastero non basti a placare il Cuore di Gesù per i peccati dei cristiani, io avrò cura particolare di esso. D’ora in poi riposa ed ama"».

Tra le virtù che la Madre Agnese ricordava con più insistenza alle monache, spiccavano l’umiltà, l’obbedienza e la povertà. Le inculcava più che con le parole con il suo esempio. Ricorda Suor Margherita Ceccarani: «L’umiltà della Madre era sì grande che per piegare la durezza di qualche consorella l’ho veduta più volte domandarle perdono in ginocchio».

E Suor Veronica Crolli: «Stava tanto nascosta che difficilmente parlava di sé e faceva con tanta gioia le faccende più basse e vili del monastero... Baciava i piedi alle monache e si metteva talvolta distesa per terra facendosi pestare da noi tutte. Nell’udirla poi fare la colpa in capitolo con tanto candore e tanta umiltà, eccitava in noi tanta compassione e compunzione che ci cavava le lacrime dagli occhi».

Le monache conservarono vivissimo il ricordo dell’umiltà della Steiner nei suoi doveri di abbadessa. Dai suoi comandi era estranea ogni forma di autoritarismo.

Non aveva di sé alcuna stima. Depone al processo canonico P. Francesco: «Mi consta di propria certa scienza come confessore che, nonostante l’abbondanza dei superni lumi, sublimità di virtù ed intima mistica unione con Dio da cui fu favorita dal cielo, si mantenne sempre nel profondo annichilimento di se stessa, reputandosi sinceramente niente e piena di peccati, riconoscendosi e dicendosi la creatura più indegna del mondo, meritevole di tutti i castighi e cagione di tutti i flagelli che cadevano sopra la terra».

L’umiltà e la semplicità formano nell’anima l’obbedienza. Le monache poterono constatare che la sua obbedienza fu veramente eroica, «perché fu costantemente semplice, pronta e allegra». La Madre Steiner le esortava spesso a questa virtù, tutte le occasioni erano buone. Afferma Mons. Madrigali al processo: «Una monaca ancora vivente per nome Suor Raffaella Conocchia mi raccontò che un giorno la Serva di Dio vide sotto il tetto una rondine che aveva fatto il nido, e la chiamò dicendole che scendesse giù, e quella povera bestiola immediatamente volò dove ella era, e mi sembra mi dicesse che le si posò sulla mano. La Serva di Dio allora, sostenendo la rondine, si recò dalle sue monache adunate nella camera del lavoro e disse loro: "Questa creatura irragionevole al comando di una creatura si è mostrata obbediente alla sua voce, e noi creature ragionevoli molte volte non vogliamo obbedire alle voci del nostro Creatore, né a quello dei nostri Superiori"».

A conferma e a complemento la stessa Suor Raffaella depone: «Posò sul davanzale della finestra l’uccelletto che subito riprese liberissimo il suo volo».

La Madre Agnese voleva sempre vestirsi di tonache scartate e rappezzate, un giorno perfino il medico Sabatini si lamentò per quegli abiti.

Sulla sua carità per i peccatori, ricorda la Madre Sisti: «L’ho intesa pregare le notti intere implorando misericordia per i peccatori, specialmente quando sapeva qualcuno in pericolo di morte. Allora non risparmiava fatiche e sacrifici, stando con le braccia aperte dinanzi a Gesù Sacramentato, si sentiva talvolta dire: "Gesù mio, voglio quest’anima". Ripeteva ciò più volte con grande fervore e grande confidenza, e per guadagnarla spesso si disciplinava a sangue, portava un cilicio di crini».

Con l’esempio e con continue esortazioni la Madre Agnese cercò di inculcare il dovere di pregare per affrettare la visione beatifica di Dio alle anime salve, ma non ancora purificate dalle scorie del peccato. P. Francesco al processo canonico sulle virtù della Steiner dichiarò: «Mi disse moltissime volte, per il voto di sincerità, delle anime che le comparivano chiedendole suffragi e per cui in particolare offriva a Dio le sue orazioni e patimenti uniti a quelli del suo Sposo Gesù, nonché mi diceva del come e del quando erano liberate e salivano al cielo comparendole ordinariamente in tale occasione per ringraziarla…». Quanto alle esortazioni alle sue monache P. Francesco depone: «Esponeva loro con molta chiarezza ed unzione di spirito le varie e orribili pene che soffrono, quanto sono care a Dio, quanto Egli desidera di averle con sé e quanto gradisce e ricompensa coloro che con suffragi le aiutano per così dire a soddisfare ai loro debiti e così accelerare il loro ingresso in Paradiso».

Cella dove morì la Venerabile

Malaticcia da sempre, la Madre Agnese sentì accrescersi i vari disturbi nella tarda primavera del 1860. Nessun confronto per la violenza tra questi e le gravi malattie degli anni precedenti, tra le quali, in particolare, quelle del 1854, del 1856 e del 1857.

Nel pomeriggio del 24 luglio la Madre Agnese mentre si trovava con le monache nel lavoriero (la stanza dove le monache si radunavano per attendere ognuna al proprio lavoro) fu colta da un attacco più violento dei suoi molti malanni. Svenne, si riprese, svenne ancora. Le monache spaventate la trasportarono mezza morta nella sua cella e la misero a letto. La fine era vicina. Dal letto non si alzò più.

Racconta la Sisti, che dormiva in quei giorni nella cella della malata: «La mattina del 13 agosto mi svegliai all’improvviso e vidi intorno al letto della Madre Agnese come un incendio di raggi di luce e di splendori, i quali in grado ancora più intenso formavano come un baldacchino in alto che la copriva tutto all’intorno, e mi sembrò di vedere il solaio della cella come aperto con molti personaggi che calavano giù. Udii chiaramente una voce sensibile: "Domandate alla mia Diletta che cosa vuole da me". Mi alzai dal letto e temendo che quello della Madre andasse a fuoco, lo guardavo molto attentamente per scoprire donde provenissero quei raggi. Mirando poi la lucerna accesa al suo posto solito, compresi che si trattava di cosa celeste e credetti che la Madre fosse già morta». Ma l’ultimo momento per la Madre Agnese non era ancora giunto. Sarebbe morta solo qualche giorno più tardi, il 24 agosto 1862, aveva 49 anni.

La salma della Steiner rimase esposta nella Chiesa del monastero per quattro giorni. Da Nocera e dintorni moltissimi accorsero a rendere omaggio alle spoglie mortali di quella abbadessa, che, venuta dal lontano Tirolo, aveva reso famoso lo sconosciuto monastero di S. Giovanni. Dicevano: «E morta quell’abbadessa tanto santa!». Il 28 agosto 1862, dopo un funerale straordinario per concorso di popolo commosso e ammirato, la salma della Madre Agnese fu sepolta in un loculo scavato in fondo alla chiesa a destra della trecentesca porta d’ingresso. Una semplicissima iscrizione con i soli dati biografici, fu murata nella parete sovrastante.